immagine L’iperparatiroidismo: quando si ammalano le ghiandole che nessuno conosce

L’iperparatiroidismo: quando si ammalano le ghiandole che nessuno conosce

Sapevate che, nel vostro organismo, sono presenti le cosiddette “ghiandole paratiroidi”? In molti non lo sanno, e se non lo sanno riguardo al proprio corpo figuriamoci se lo sanno a proposito del proprio cane o del proprio gatto.

Eppure queste ghiandole le hanno anche loro, e per tutti si trovano nel collo, vicino alla ben più famosa tiroide. Sono ghiandole piccolissime, quasi non si vedono ad occhio nudo ma ci sono, e la loro funzione è molto importante perché regolano l’equilibrio di calcio nell’organismo.

Il metabolismo del calcio

Prima di parlare della malattia in sé dobbiamo capire come si muove il calcio nell’organismo, a cosa serve (non è che, semplicemente, “fa bene”, come dicono le pubblicità, ma ci sono dei motivi per cui fa bene) e cosa succede quando chi lo regola ha qualcosa che non va.

Supponiamo che il nostro cane beva un bicchiere di latte (non è che lo digerisca benissimo, ma è per fare un esempio), che contiene una buona quantità di calcio. Il calcio arriva nell’intestino, da dove viene assorbito nel sangue. Ora, nel sangue un po’ di calcio ci gira sempre, e se questo è troppo, il corpo lo mette nel “magazzino” del calcio che sono le ossa.

Le ghiandole paratiroidi sono dei “sensori” del calcio nel corpo: lo monitorano costantemente, e quando scende troppo liberano il paratormone, o PTH, un messaggero che va nelle ossa e dice “ehi, liberare un po’ di calcio che qui ne abbiamo poco!”.

Le ossa liberano il calcio e nel sangue si ripristina la situazione normale. Ma a chi serve tutto questo calcio? Serve ai muscoli, perché la contrazione muscolare è una reazione chimica che richiede proprio il calcio, di base. Un corpo senza calcio muore perché i muscoli, come quelli respiratori, non possono funzionare. Essere senza calcio è po’ come rimanere senza aria, per questo è così importante.

Ed è per questo che sono così importanti le paratiroidi.

L’iperparatiroidismo

Le ghiandole producono il loro paratormone se la quantità di calcio scende troppo, nel sangue. Da qui si capisce che se smettessero di funzionare si morirebbe, ma siccome le ghiandole sono tante (sono quattro) capita che una smetta di funzionare, ma che smettano tutte insieme è impossibile.

Più probabile è invece che una di queste cominci a lavorare “in proprio” e a produrre più paratormone del normale, ed è qui che abbiamo l’iperparatiroidismo. Generalmente questa situazione dipende da un tumore ad una delle ghiandole, che si ingrandisce e produce più ormone di quello che dovrebbe. Il risultato è che un sacco di calcio viene portato fuori dalle ossa, e comincia a creare problemi.

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Esiste anche un’altra causa, ovvero lo squilibrio calcio/fosforo nel sangue (cioè, c’è troppo fosforo e poco calcio) che porta a questo punto tutte le ghiandole a produrre più ormone, perché il fosforo è l’acerrimo nemico del calcio, e le paratiroidi lo odiano (scherzi a parte, troppo fosforo è pericoloso per l’organismo).

Cosa succede precisamente? Probabilmente penserete all’osteoporosi, situazione in cui le ossa diventano fragili perché non c’è più calcio a fargli da “cemento”, ma in realtà le cose sono peggiori. Se il problema fosse solo l’osteoporosi significherebbe che il danno alle paratiroidi è lieve, perché a portare via tutto il calcio dalle ossa ci vogliono anni.

La situazione invece è più grave perché il troppo calcio tolto dalle ossa che gira per il sangue da problemi ai reni.

Così, praticamente, questi organi arrivano ad essere quasi murati, si parla di calcificazione, e non riescono a fare il proprio lavoro. Il risultato si nota soprattutto nell’urina, l’animale, cane o gatto, inizia a bere di più, urinare di più ma anche avere delle infezioni urinarie, dei calcoli (ricordiamo che il calcio costituisce anche il calcare dei rubinetti, per avere un’idea di com’è fatto quando è tanto tutto insieme). Avrà anche problemi ai muscoli come i tremori, perché il calcio è necessario ai muscoli ma non deve essere troppo (una macchina affogata nella benzina non parte, anche se la benzina è il suo carburante).

Se notiamo questa situazione, peraltro similissima all’insufficienza renale, dobbiamo portare l’animale dal veterinario, che farà delle analisi del sangue, in particolare analisi biochimiche. Nelle risposte sta scritto quanto calcio, quanto fosforo, quanto zucchero e così via c’è nel sangue. In questo caso il calcio è altissimo. Se a questo aggiungiamo che l’animale ha una certa età (l’iperparatiroidismo viene ad animali di almeno sei anni) la diagnosi è abbastanza chiara.

La terapia è medica quando ci sono forti squilibri di calcio e fosforo ma le paratiroidi sono sane, mentre è chirurgica, ovvero si toglie la ghiandola “incriminata” che fa come vuole, quando è presente una neoplasia.

Il fatto però che l’iperparatiroidismo sia raro e che le ghiandole siano piccolissime fa sì che non in tutte le strutture si faccia questo tipo di intervento, per cui dovremo essere disposti a spostarci. L’operazione deve essere, inoltre, effettuata in ambiente più tranquillo possibile per evitare che il troppo calcio, unito alla paura dell’animale, faccia avere tremori muscolari anche molto intensi.

immagine La rinotracheite infettiva del gatto: cos’è e come prevenirla

La rinotracheite infettiva del gatto: cos’è e come prevenirla

La rinotracheite infettiva è una delle tante malattie infettive che interessano i gatti domestici e randagi.

È una delle malattie trasmesse da virus, ed è molto diffusa nell’ambiente perché molti gatti adulti ne sono “portatori sani”, ovvero non manifestano alcun sintomo ma la trasmettono agli altri gatti che, specie se sono piccoli, manifesteranno i segni della malattia una volta contratta.

Rispetto ad altre malattie infettive è disponibile un vaccino che consente di prevenirla, ma è comunque importante per un proprietario conoscerla e sapere come comportarsi nel caso in cui il proprio gatto dovesse, per qualsiasi motivo, contrarla.

Che cos’è

La rinotracheite infettiva è una malattia causata da un virus, come abbiamo detto. Per la precisione è un Herpesvius.

Vi ricorda qualcosa? Qualche fastidiosa bolla sulle labbra, magari? Bene, nel gatto i sintomi della malattia sono del tutto diversi da quelli del nostro Herpes, ma il virus appartiene alla stessa famiglia e ha una caratteristica comune alla nostra forma: non si guarisce mai.

O meglio, si guarisce, ma il virus non se ne va mai dall’organismo ed è pronto a mostrarsi di nuovo quando siamo stressati e le difese immunitarie sono più deboli. Avete mai notato che le bolle sulle labbra vengono proprio nei periodi in cui siamo meno tranquilli?

Tornando al gatto, l’herpes della Rinotracheite colpisce la parte anteriore delle sue vie respiratorie. Naso, occhi, bocca e trachea sono i punti più interessati e, tra l’altro, anche più dolorosi.

La trasmissione avviene per via aerea, naturalmente. Il gatto sarà molto infastidito dalla presenza del virus, anzi starà proprio male, come vedremo tra poco, quindi tossirà e starnutirà per alleviare il fastidio un po’ come quando noi abbiamo il raffreddore. E proprio come il raffreddore se altri gatti nelle vicinanze respirano ciò che lui ha starnutito contrarranno la malattia.

Lo stesso succede se due gatti giocando tra loro si leccano, scambiandosi così saliva ricca di virus, se uno dei due è infetto.

Che cosa fa

Questo virus, come la maggior parte dei virus, fondamentalmente distrugge le cellule delle mucose che va a colpire. Queste saranno così indotte a difendersi sfruttando il loro meccanismo di difesa naturale che è il muco, per cui un gatto affetto da rinotracheite mostrerà un abbondante scolo nasale, una forte lacrimazione e a volte anche salivazione.

Il gatto, ovviamente, sta male, e sarà letargico, si muoverà malvolentieri, starà da solo e, situazione caratteristica, rifiuterà il cibo: questo avviene perché la mucosa della sua bocca è danneggiata dal virus, quindi è ulcerata. E visto che le ulcere provocano dolore, anche se ha fame eviterà di mangiare per non farsi male.

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E non finisce qui: il gatto sta già male, la mucosa è danneggiata e i batteri approfittano di questa situazione di debolezza per fare ancora più danni, causando infezioni un po’ dappertutto e, in certi casi, anche polmonite, che per i gatti più piccoli può essere fatale.

La cura e la prevenzione

Se abbiamo un gatto che si trova già in questa situazione, dobbiamo chiaramente portarlo da un veterinario, ma la terapia che lui prescriverà, nel senso di medicine, non saranno sufficienti.

Certo, il gatto avrà bisogno di collirio, antibiotici, farmaci mucolitici per alleviare l’oppressione causata dal muco, e quelli sono il punto di partenza.

Ma ricordate che cosa dicevamo prima a proposito dello stress? Per sconfiggere l’herpes, o quantomeno per fare in modo che non emerga, bisogna togliere lo stress. Lasciare un gatto malato a sé stesso non farà che aumentarlo, ovviamente.

Invece, da proprietari, dobbiamo cercare di giocare con lui, portarlo fuori, spingerlo ad esplorare, spazzolarlo e, in generale, farlo divertire: il miglioramento dell’umore significa in questo caso sconfiggere il virus, per cui il gatto starà meglio, avrà ancora più voglia di giocare, migliorerà ancora e così via, in un ciclo di positività che, necessariamente, deve essere innescato dal proprietario.

Se invece avete un gattino piccolo ancora non malato è fondamentale la prevenzione, che è possibile effettuare tramite la vaccinazione.

Il vaccino rientra tra i cosiddetti “obbligatori” per il gatto, che tutti i veterinari somministrano a pochi mesi di età con i relativi richiami. Per cui, se avete un gatto vaccinato sicuramente sarà stato coperto anche per questa malattia, ma se non lo avete vaccinato o se non sapete se è vaccinato o meno (perché magari lo avete trovato e adottato) è sempre buona regola vaccinarlo, anche se è già adulto.

La rinotracheite, infatti, è più pericolosa per i cuccioli, quello si, ma può essere altrettanto devastante per un adulto che abbia, in concomitanza, un’altra malattia infettiva come la FIV: insomma, proteggere il vostro micio è, sempre e comunque, la soluzione migliore per evitare gravi complicazioni.

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Il metodo TTouch: curare gli animali con le carezze

Il metodo Ttouch, inizialmente visto come una teoria piuttosto strampalata di approcciare al comportamento degli animali, nel corso degli anni è riuscito ad affermarsi sempre di più, adattandolo non solo al mondo dei cavalli, come in origine, ma anche a cani e gatti.

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La tosse dei canili nel cane: cos’è e come curarla

Le malattie infettive dei cani sono molte, alcune delle quali sono più lievi, altre più pericolose.

Quando abbiamo a che fare con un patogeno che, da solo, è in grado di fare un sacco di danni (penso al cimurro) dobbiamo mettere in atto una strategia che consenta di sconfiggerlo.

Ma quando a causare una malattia non è un solo patogeno ma tanti diversi, uniti tutti insieme, ecco che le cose si complicano: un esempio di questa situazione è la tosse dei canili.

Che cos’è

La tosse dei canili è, più che una malattia, una sindrome, perché si manifesta in modi e gradi di gravità molto diversi tra loro, e soprattutto non è causata da un solo microrganismo, ma da tanti e molto vari.

Immaginate di essere su un ring e di dover fronteggiare un avversario di boxe: probabilmente ci riuscireste. Fronteggiare invece, in contemporanea, un avversario di boxe, uno di karate, uno di judo, uno di lotta greco-romana... Sarebbe complicato, anche se questi avversari presi singolarmente non sono dei grandi lottatori.

La tosse dei canili è causata da una serie di microrganismi che colpiscono tutti l’apparato respiratorio. Tra questi troviamo il virus della parainfluenza canina, il virus della laringotracheite infettiva del cane, il virus dell’epatite infettiva (che causa anche problemi respiratori), ma anche batteri come pasteurelle, bordetelle e pseudomonas. Un trattato di medicina in un solo cane, insomma.

Come dicevamo, questi patogeni non sono granché potenti, specie se i cani sono vaccinati, e le normali terapie veterinarie possono sconfiggerli tutti abbastanza tranquillamente; il problema è che fanno danni solo quando c’è del sovraffollamento: da qui il nome della malattia, che si presenta spesso e volentieri nei canili.

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La trasmissione avviene per via aerea, tramite le particelle espulse quando i cani tossiscono. È difficile da eliminare perché mentre un cane, magari, è già guarito, un altro ancora non lo è e il secondo infetta nuovamente il primo, che sarà di nuovo colpito dalla tosse. In questa situazione è difficile debellare completamente la malattia.

Che cosa fa

Essenzialmente, la tosse dei canili provoca la tosse, poco di più. La tosse può avere tantissime cause, ma se tanti cani, magari in un allevamento o in un posto in cui vivono insieme (non il parco pubblico, i cani passano lì troppo poco tempo per contrarre questa malattia) presentano tosse secca, molto probabilmente hanno contratto questa sindrome.

I microrganismi in generale danneggiano la mucosa respiratoria, e creano irritazione (da qui viene la tosse); è un fastidio abbastanza intenso, ma difficilmente ci sono complicazioni fin quando si cerca di tenere la malattia sotto controllo, anche se qualche cane potrebbe avere la febbre e stare un po’ peggio degli altri.

Come si cura e si previene

Come dicevamo prima, la tosse dei canili è facilmente curabile da un veterinario, e se uno di questi cani venisse adottato, quindi separato dagli altri, sarebbe sufficiente una settimana di antibiotici per distruggere i batteri, migliorare lo stato generale del cane e farlo riprendere in modo che l’organismo riesca a sconfiggere anche i virus.

Se abbiamo tanti cani (ad esempio, un cacciatore) che passano molte ore in un posto stretto e affollato, l’unico rimedio per curare questa situazione è quello di ridurre il sovraffollamento, ancora prima di iniziare la terapia veterinaria; in caso contrario, infatti, ci troveremmo nella stessa situazione che abbiamo indicato poco fa.

Per quanto riguarda la prevenzione, se avete un solo cane, o due cani, e li fate vivere in casa, non ci sono problemi: il loro stato immunitario è troppo buono per poter contrarre questa sindrome, anche se per un paio d’ore al giorno giocano e passano del tempo con un cane che ne è affetto.

Se, invece, vi trovate in una situazione i cui avete molti cani che stanno insieme, cercate di farli uscire dagli stanzini dove dormono svariate ore al giorno, cercate di non metterne più di 2 o 3 nella stessa stanza, così che i contatti tra essi siano limitati, e soprattutto lasciate in isolamento i nuovi cani che arrivano, per essere sicuri che non possano trasmettere la malattia agli altri.

La tosse dei canili non è mortale, assolutamente, ma è una situazione decisamente fastidiosa per i cani e anche per chi sta loro intorno, che spesso e volentieri non saprà più dove sbattere la testa per cercare di eliminare questa fastidiosa sindrome.

immagine Il papillomavirus del gatto: escrescenze da non sottovalutare

Il papillomavirus del gatto: escrescenze da non sottovalutare

Nei nostri articoli diciamo spesso che la prevenzione delle malattie degli animali, cani o gatti che siano, è sempre la forma migliore perché i nostri amici non siano soggetti a problematiche anche molto gravi. Certo, questo non significa che dobbiamo tenerli in una gabbia dorata, specialmente i gatti che potrebbero soffrirne anche in modo molto intenso, ma che quando vediamo qualcosa che non va dobbiamo agire quanto prima per evitare che le cose possano peggiorare.

Il papillomavirus felino è un esempio perfetto di malattia che di per sé non è particolarmente grave, per cui abbiamo tutto il tempo di renderci conto della sua presenza e di agire, ma che se non agiamo può diventare molto grave perché può aprire la strada a qualcosa di ben peggiore.

Che cos’è

Il papillomavirus è un virus a DNA piuttosto contagioso, che tuttavia colpisce solamente membri di una sola specie: insomma, quello del gatto non colpisce l’uomo, così come quello dell’uomo (o, meglio, della donna) non colpisce il gatto. Ci sono dubbi sul fatto che la versione bovina possa colpire i gatti, ma è talmente difficile che un gatto entri in contatto con una mucca, specie nelle zone urbane, che tralasciamo questa possibilità.

La via di trasmissione più frequente, ovviamente, è quella che va da gatto a gatto. Il virus colpisce la cute, anche se a volte può posizionarsi in bocca, e chiaramente i gatti che lottano tra loro se lo passano con facilità.

C’è da dire che, come virus, non è particolarmente aggressivo, perché di solito le lesioni che provoca compaiono quando il gatto è colpito da malattie già debilitanti per conto proprio, come la FIV.

Che cosa fa

L’azione del virus è quella di infettare le cellule della cute, quindi la pelle, e lo fa inducendo le stesse a moltiplicarsi e crescere. Il risultato è molto simile ad un tumore, ma di fatto non lo è, almeno all’inizio, perché non è la cellula che inizia a moltiplicarsi di propria iniziativa, come accade in una neoplasia, ma è spinta dal virus. Tuttavia non è da escludere che una lesione papillomatosa possa diventare una neoplasia vera e propria, se non trattata.

Quello che un proprietario vede è che accarezzando il gatto, un giorno, si nota un piccolo rigonfiamento. Fin lì niente di strano, potrebbe semplicemente essere una puntura d’insetto. Se non cresce potrebbe essere una piccola malformazione cutanea, come abbiamo anche noi da qualche parte, nulla di preoccupante.

Se ci accorgiamo, però che il rigonfiamento cresce come se fosse un alberello, con un “tronco” alla base e una chioma in alto, è il caso di consultare un veterinario. Cresce lentamente, per cui non c’è bisogno di portare il gatto alle quattro di notte in clinica, ma organizziamoci per portarcelo nel giro di 2-3 giorni.

Purtroppo l’unico modo per accertarsi che cosa sia precisamente la lesione è l’istologia, quindi il tagliare un pezzetto di rigonfiamento, trattarlo ed esaminarlo al microscopio, per cui ci vorrà almeno una settimana per avere delle risposte. Se si tratta veramente di papilloma, a questo punto, da proprietari abbiamo varie possibilità.

Come si cura

Nonostante il rigonfiamento non crei dolore al gatto, al massimo un po’ di fastidio, è da rimuovere sia perché può diventare una neoplasia, come dicevamo prima, sia perché crescendo troppo può ulcerarsi, sanguinare, insomma causare dolore anche intenso al gatto.

Ci sono varie possibilità per la terapia: si può provare con i farmaci, come l’interferone che limita la moltiplicazione cellulare e impedisce così la crescita; oppure si può provare con la chirurgia, per cui addormentare il gatto e rimuovere l’escrescenza con il bisturi, anche se in questo caso siamo particolarmente sicuri che il problema, dopo un po’ si ripresenterà perché il virus rimane (non si può eliminare in nessun modo) e la zona è stressata dall’intervento chirurgico per cui è un ambiente favorevole per lo sviluppo del virus.

Altre alternative sono la terapia con laser e la criochirurgia, cioè tagliare la parte “incriminata” dopo averla congelata, così che il tutto risulti meno irritante per l’organismo e la situazione non si ripresenti (o quantomeno lo faccia meno frequentemente); c’è da mettere in conto tuttavia che queste terapie sono piuttosto costose e richiedono diverse sedute.

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Insomma, le possibilità non mancano, e anche se ci fossero delle recidive si può intervenire di nuovo e garantire una vita normale al gatto praticamente per sempre, visto che non ci sono particolari problematiche legate a questa malattia. Questo è vero, però, fintanto che facciamo qualcosa, qualsiasi cosa, mentre l’errore più grande che possiamo fare è quello di lasciar perdere tutto e lasciare l’escrescenza lì dov’è, dove può portare grave disagio al gatto e trasformarsi in neoplasia o comunque aprire la strada a malattie infettive ben peggiori di questa.

immagine Perché il cane o il gatto si gratta le orecchie e scuote la testa

Perché il cane o il gatto si gratta le orecchie e scuote la testa

Le orecchie sono un organo molto delicato, per cui se i nostri animali tendono a grattarsi spesso e con una certa intensità, potrebbero andare incontro a diversi problemi, da piccole ferite fino a lesioni profonde delle strutture che si trovano all’interno dell’orecchio. Ma quali sono le cause che possono provocare prurito alle orecchie e cosa fare in questi casi?